CULTURA
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Cresce il numero degli artisti in tutto il mondo a sostegno della Palestina
Un numero crescente di artisti, da star di Hollywood a musicisti e scrittori, lancia un appello a un boicottaggio culturale contro Israele, richiamando alla mente il movimento contro l’apartheid che un tempo colpì il Sudafrica.
Cresce il numero degli artisti in tutto il mondo a sostegno della Palestina
L'attore Javier Bardem indossa un keffiyeh mentre posa sul tappeto rosso ai 77esimi Primetime Emmy Awards a Los Angeles, California, Stati Uniti, il 14 settembre 2025. / Reuters
20 settembre 2025

Un numero sempre maggiore di artisti occidentali provenienti dal mondo della musica, del cinema e dell’editoria lancia un appello a favore di un boicottaggio culturale contro Israele a causa della guerra a Gaza. L’iniziativa mira a replicare l’impatto che ebbe in passato l’embargo contro il Sudafrica dell’apartheid.

Celebrità, musicisti e scrittori sperano di esercitare pressione sull’opinione pubblica per chiedere ulteriori azioni, mentre la maggior parte dei governi occidentali continua a resistere all’adozione di ampie sanzioni economiche nei confronti di Israele.

L’attore britannico Khalid Abdalla (Il cacciatore di aquiloni, The Crown), dopo aver firmato una dichiarazione che invita al boicottaggio di alcune istituzioni cinematografiche israeliane, ha dichiarato: «Non ho dubbi che ci troviamo a un punto di svolta globale».

La lettera aperta diffusa dal collettivo Film Workers for Palestine ha raccolto migliaia di adesioni, tra cui quelle di Emma Stone e Joaquin Phoenix. I firmatari si impegnano a interrompere i legami con qualsiasi istituzione israeliana «coinvolta nel genocidio».

In un’intervista rilasciata venerdì, Abdalla ha aggiunto: «La valanga è partita e si sta diffondendo in diversi settori. Non riguarda soltanto i lavoratori del cinema».

Anche ai Premi Emmy di questa settimana numerosi vincitori, da Javier Bardem a Hannah Einbinder, hanno parlato pubblicamente di Gaza, con dichiarazioni che riecheggiano quelle già emerse all’inizio del mese durante la Mostra del Cinema di Venezia.

Il gruppo trip-hop britannico Massive Attack ha annunciato giovedì di aver aderito al collettivo musicale “No Music for Genocide”, con l’obiettivo di impedire la diffusione dei propri brani in Israele.

Il Paese rischia inoltre un boicottaggio all’Eurovision Song Contest, mentre scrittori internazionali firmano lettere aperte e il premier spagnolo Pedro Sánchez ha avviato un’iniziativa per escludere Israele dalle competizioni sportive.

Il direttore d’orchestra israeliano Ilan Volkov, la scorsa settimana in un concerto nel Regno Unito, ha dichiarato che non si esibirà più nel suo Paese.

Håkan Thörn, accademico svedese dell’Università di Göteborg e autore di un libro sul movimento di boicottaggio contro l’apartheid sudafricano, ha osservato: «Credo che stiamo assistendo a una dinamica simile a quella vista contro il regime di apartheid in Sudafrica». Secondo il sociologo, «con la diffusione delle immagini della carestia a Gaza, in primavera, c’è stato un cambiamento netto nella percezione globale».

Secondo i dati del ministero della Sanità di Gaza, gli attacchi israeliani hanno causato la morte di oltre 65.000 persone, in gran parte civili.

Il movimento di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS), lanciato circa vent’anni fa in risposta all’occupazione israeliana dei territori palestinesi, trova oggi nuova linfa nel contesto della guerra a Gaza.

All’interno di Israele, tuttavia, non mancano le preoccupazioni. Lo sceneggiatore Hagai Levi, noto per Scenes from a Marriage e The Affair, ha dichiarato all’inizio del mese che «il 90% delle persone nell’ambiente artistico è contrario alla guerra», esprimendo timori sugli effetti che il boicottaggio culturale potrebbe avere.