Oltre 20 Paesi condannano le atrocità delle RSF in Sudan e chiedono la fine immediata della violenza

Tra i firmatari figurano Canada, Spagna, Regno Unito, Norvegia, Germania, Irlanda, Svezia, Austria, Croazia, Repubblica Ceca, Finlandia, Polonia e Svizzera.

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IOM reports nearly 89,000 people have been displaced from Al Fasher and its surroundings in North Darfur since October 26. / Reuters

Un gruppo composto da ministri degli Esteri e alti funzionari di oltre 30 Paesi ha pubblicato lunedì una dichiarazione congiunta in cui condanna le atrocità e le violazioni del diritto umanitario internazionale in Sudan, esprimendo “profonda preoccupazione per le notizie di violenze sistematiche contro la popolazione civile”.

I firmatari hanno affermato di essere “fortemente allarmati dalle notizie di violenze sistematiche e continue contro i civili durante e dopo la presa della città di El-Fasher da parte delle Forze di Supporto Rapido (RSF)” e hanno inoltre espresso preoccupazione per l’escalation dei combattimenti nel Darfur settentrionale e nella regione del Kordofan.

Nella dichiarazione, atti come “l’attacco deliberato contro civili, i massacri di massa a motivazione etnica, la violenza sessuale legata al conflitto, l’uso della fame come arma di guerra e l’ostruzione dell’accesso umanitario” sono stati definiti “ripugnanti violazioni del diritto umanitario internazionale”.

“Tali azioni, se confermate, costituirebbero crimini di guerra e crimini contro l’umanità ai sensi del diritto internazionale”, si legge nel testo.

I ministri e i funzionari hanno chiesto la cessazione immediata della violenza, sottolineando che “l’impunità deve finire e la giustizia deve prevalere”.

I firmatari hanno sottolineato che la protezione e la giustizia per il popolo sudanese non rappresentano solo un obbligo giuridico, ma anche un urgente imperativo morale.

La dichiarazione ha inoltre affermato che “il protrarsi della fame diffusa e della carestia a causa delle restrizioni all’accesso è inaccettabile”, esortando le autorità a consentire al Programma Alimentare Mondiale (WFP), al Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia (UNICEF) e ad altre organizzazioni umanitarie di far arrivare liberamente gli aiuti.

“Tutte le parti devono rispettare il diritto umanitario internazionale”, si legge nel testo, che chiede di garantire un passaggio sicuro ai civili e di facilitare immediatamente la distribuzione degli aiuti in conformità con la Risoluzione 2736 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU.

Il gruppo ha inoltre invitato le parti in conflitto a concordare un cessate il fuoco e un accordo umanitario di tre mesi, mettendo in guardia contro qualsiasi tentativo di divisione del Sudan. “Ribadiamo il nostro sostegno alla sovranità, all’unità e all’integrità territoriale del Paese, nonché al diritto del suo popolo di vivere in pace, dignità e giustizia, senza ingerenze esterne”, si afferma nella dichiarazione.

Tra i Paesi firmatari figurano Canada, Spagna, Regno Unito, Norvegia, Germania, Irlanda, Svezia, Austria, Croazia, Repubblica Ceca, Finlandia, Polonia e Svizzera.

I ministri e i funzionari hanno invitato tutte le parti “a sedersi al tavolo dei negoziati”, sottolineando che “solo un processo politico ampio, inclusivo e guidato dagli stessi sudanesi può risolvere le crisi del Paese”.

Domenica, l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (IOM) ha riferito che, dal 26 ottobre — data in cui le Forze di Supporto Rapido (RSF) hanno preso il controllo della città — circa 89.000 persone sono state sfollate da El-Fasher e dalle aree circostanti nel Darfur settentrionale.

Secondo fonti locali e internazionali, le RSF hanno conquistato il controllo di El-Fasher e perpetrato massacri su base etnica; sono stati inoltre lanciati avvertimenti sul rischio che tale offensiva possa rendere permanente la divisione geografica del Paese.

Dal 15 aprile 2023, la guerra tra l’esercito sudanese e le RSF è diventata un conflitto che le iniziative di mediazione regionale e internazionale non sono riuscite a porre fine, causando migliaia di morti e milioni di sfollati.